E un de’ tristi de la fredda crosta 
gridò a noi: «O anime crudeli, 
tanto che data v’è l’ultima posta,                                    111

levatemi dal viso i duri veli, 
sì ch’io sfoghi ’l duol che ’l cor m’impregna, 
un poco, pria che ’l pianto si raggeli».                          114

Per ch’io a lui: «Se vuo’ ch’i’ ti sovvegna, 
dimmi chi se’, e s’io non ti disbrigo, 
al fondo de la ghiaccia ir mi convegna».                      117

Rispuose adunque: «I’ son frate Alberigo; 
i’ son quel da le frutta del mal orto, 
che qui riprendo dattero per figo».                                120

«Oh!», diss’io lui, «or se’ tu ancor morto?». 
Ed elli a me: «Come ’l mio corpo stea 
nel mondo sù, nulla scienza porto.                               123

Cotal vantaggio ha questa Tolomea, 
che spesse volte l’anima ci cade 
innanzi ch’Atropòs mossa le dea.                                 126

E perché tu più volentier mi rade 
le ’nvetriate lagrime dal volto, 
sappie che, tosto che l’anima trade                              129

come fec’io, il corpo suo l’è tolto 
da un demonio, che poscia il governa 
mentre che ’l tempo suo tutto sia vòlto.                        132

Ella ruina in sì fatta cisterna; 
e forse pare ancor lo corpo suso 
de l’ombra che di qua dietro mi verna.                         135

Tu ’l dei saper, se tu vien pur mo giuso: 
elli è ser Branca Doria, e son più anni 
poscia passati ch’el fu sì racchiuso».                          138

«Io credo», diss’io lui, «che tu m’inganni; 
ché Branca Doria non morì unquanche, 
e mangia e bee e dorme e veste panni».                    141

«Nel fosso sù», diss’el, «de’ Malebranche, 
là dove bolle la tenace pece, 
non era ancor giunto Michel Zanche,                            144

che questi lasciò il diavolo in sua vece 
nel corpo suo, ed un suo prossimano 
che ’l tradimento insieme con lui fece.                         147

Ma distendi oggimai in qua la mano; 
aprimi li occhi». E io non gliel’apersi; 
e cortesia fu lui esser villano. 

Ed uno dei dannati della Tolomea gridò verso di noi: “O anime crudeli, dato che voi siete destinati all’ultima zona,

levatemi dagli occhi le lacrime ghiacciate, così che io possa sfogare il dolore che mi prende, prima che il pianto le congeli ancora”.

Ed io a lui: “Se vuoi che io ti aiuti,dimmi chi sei, e se io non ti sarò d’aiuto, andrò fino in fondo a Cocito”.

Quindi rispose: “Io sono frate Alberigo; sono colui che viene dall’orto del peccato, e qui ricevo datteri al posto di fichi.”

“Oh” risposi “sei già morto?” E egli a me: “Ignoro totalmente Il motivo per cui il mio corpo sia ancora nel mondo terreno.

La Tolomea ha questo vantaggio, molte volte succede che l’anima arrivi prima che Atropo abbia reciso il filo della vita.

E poiché tu mi tolga più benevolmente  le lagrime ghiacciate dal viso, sappi che, non appena l’anima giunge qui

così come feci io, il suo corpo viene preso da un demonio, che in seguito lo governa finchè non termina il suo tempo terreno.

L’anima cade in questa specie di cavità e forse è ancora visibile il suo corpo sulla terra, come ombra dell’anima qui presente.

Tu lo devi sapere, se giungi ora qui: quello è Sir Branca Doria, e sono passati anni da quando si trova in questo posto.”

“Io credo”, dissi “che mi stai ingannando; poichè Branca Doria non è ancora morto, mangia, beve, dorme e vive normalmente”.

“Nel fosso sopra” mi disse “di Malebranche, là dove ribolle la pece persistente, non era ancora presente Michel Zanche,

quando questi lasciò nel suo corpo un demonio in sua vece, ed anche un suo parente che con lui organizzò il tradimento.

Ma ora porgi la tua mano verso i miei occhi e puliscimeli dal ghiaccio”. Ed io non lo feci; e fu cortesia essere villano con lui.