I Manfredi nella Storia
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La leggenda di Manfredo
Secondo la leggenda viveva a Costantinopoli alla Corte di Costanzo II, figlio di Costantino il grande, un valoroso Cavaliere Alemanno di nome Manfredo.
Euride, figlia dell'imperatore, non rimase insensibile alle virtù del giovane, quindi si innamorarono. Avevano però la certezza che il sovrano non avrebbe consentito alle nozze della figlia con un semplice cavaliere, sia pure forte e coraggioso.
Manfredo propose allora la via d'uscita più avventurosa e carica di rischi: fuggire dalla Corte. Euride acconsentì e lasciarono Costantinopoli portando con sé molte ricchezze e alcune persone di fiducia. Dopo molti giorni di navigazione sbarcarono a Napoli dove si fermarono diverso tempo poi risalirono la penisola e giunsero a Ravenna. Qui non restarono a lungo a causa dell'aria malsana e si stabilirono nei pressi di Modena. Durante queste lunghe avventure trovarono però il tempo di sposarsi e in breve ebbero ben 10 figli.
L’Imperatore Costanzo arrivo in Italia con l'occasione di una campagna militare contro Massenzio si accampò ad Aquileia con un grande esercito. Molte città inviavano ambasciatori per onorare l'imperatore e offrire il loro appoggio. Ambasciatore di Modena fu proprio Manfredo che raggiunta Aquileia per rendere omaggio al sovrano da questi fu molto apprezzato senza tuttavia riconoscerlo. In un'occasione Costanzo gli chiese come avrebbe potuto ricompensarlo per i suoi servigi e Manfredo commosso rivelò la sua vera identità chiedendo perdono per sé e per l'amata Euride. I due, insieme ai numerosi figli, si presentarono dal sovrano chiedendo perdono e narrando la loro avventura, la loro Santa Unione e la Concordia coniugale. Meravigliato e commosso Costanzo concesse la grazia ai due e li strinse in un abbraccio insieme ai nipoti esclamando: “oh cosa Miranda!” e Miranda fu battezzata la Rocca che Manfredo fece erigere in memoria dell'imperatore.
Costanzo nominò il genero suo Vassallo assegnandogli il dominio di tutte le terre tra il Po il Panaro e il Secchia oltre al dono di ventimila biolche di terra. Manfredo ricevette inoltre piena facoltà di erigere castelli rocche e ville sotto la propria giurisdizione.
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Frate Alberigo
Faenza 2 Maggio 1285 i nobili guelfi Manfredi sono ormai riusciti a prevalere su tutte le famiglie rivali e prendere il controllo della città. Alberigo Manfredi era un membro della milizia religiosa di Santa Maria Gloriosa dei frati gaudenti, fondata nel 1261 per mantenere l'ordine pubblico in città. Non usavano armi ma bastoni, alla maniera antica, utilizzati per sopprimere lotte e rivolte. Dall'appartenenza a quest'ordine il nome di Frate.
Il Pio frate Alberigo svolge così il ruolo di custode della legge e della pace, ma mai come in questo caso l'abito non fa il monaco: durante un'accesa discussione col cugino Manfredo questi gli dà uno schiaffo, una grande offesa all'onore per l'epoca!
Per evitare un accrescere di violenza il Podestà di Faenza condanna Manfredo e suo figlio Alberghetto alla reclusione nel ravennate. Parenti e amici si prodigano per dirimere una pericolosa disputa familiare così Alberigo finalmente dopo un po’ accetta di riconciliarsi col cugino e, per fare questo, terrà un banchetto alla castellina residenza di Francesco Manfredi a Pieve Cesato.
Dopo gli abbracci e i baci riconciliati tra Alberigo e Manfredo si siedono a pranzo. Alla fine del pranzo al comando :”Si portino le frutta!”, il segnale prestabilito, gli assassini entrarono nella sala del banchetto dalla porta di servizio si avventarono su Manfredo eAlberghetto li pugnalano a morte davanti al sorriso soddisfatto e diabolico di frate Alberigo.
Secondo Dante il peggior spirito di Romagna, proprio perché tradì la sua stessa famiglia. Il poeta getta l'anima di Alberigo nell'Inferno mentre egli è ancora vivo nel 1300, dopo un tale tradimento l'anima è maledetta prima della morte e il corpo è posseduto da un demone.
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Galeotto
Nella saga dei Manfredi Galeotto appare come un personaggio che per la prima volta sembra discostarsi dal profilo guerresco dei suoi predecessori. Era caratterizzato da un ingegno versatile che spaziava dal latino all'astrologia a un indole gentile più incline alla diplomazia che alle armi.
A 15 anni dopo aver ricevuto dall'imperatore il titolo di Cavaliere dello Sperone insieme al fratello Carlo, Astorgio lo aveva spedito a Ferrara per completare la formazione alla Corte di Borso d'Este, dove era stato allievo di Guarino Veronese.
All'ombra dell'Aquila Estense il giovane faentino si era formato un ambiente dove erano di casa i romanzi cavallereschi e le canzoni dei rimatori provenzali. Mentre il giovane si abbandonava a quelle suggestioni letterarie conobbe anche la donna della sua vita: la relazione con Cassandra figlia del notaio ferrarese Tommaso Pavoni fa di Galeotto il primo dei Manfredi a manifestare un'aperta inclinazione sentimentale.
Il 17 febbraio 1482 dovette però sposare Francesca Bentivoglio, figlia di Giovanni II Bentivoglio, signore di Bologna. Lorenzo de' Medici era il mediatore del matrimonio, dato che voleva assicurare Faenza nei confronti delle ambizioni conquistatrici di Girolamo Riario che si era già impossessato di Imola e di Forlì. Galeotto decise comunque di proseguire la relazione con l'amante, Cassandra Pavoni (che gli diede tre figli).
Dal matrimonio con la Bentivoglio nacque un figlio:
Astorre III (1485-1502), futuro signore di Faenza.
All'età di 37 anni quando entrava vittorioso a Faenza, Cassandra gli aveva già dato due figli Scipione e Francesco, poi il terzo di nome Giovanni Evangelista, Cassandra lo avrebbe messo al mondo 10 anni dopo.
Galeotto la volle con sé nei giorni del trionfo e a Corte dove le assegnò una dimora vicino al palazzo del popolo.
Fu ucciso dalla moglie il 31 maggio 1488, proprio per motivi di gelosia scaturiti dalla solida relazione con Cassandra, col sostegno di alcuni congiurati.
Gli successe nella guida della città il figlio legittimo Astorre, all'epoca minorenne.
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Astorre III
Astorgio Manfredi ed il fratellastro Giovanni Evangelista, insieme al consiglio degli anziani, governavano la città. Amatissimi dai sudditi per la giovane età e per le tragiche vicende che avevano accompagnato le loro vite.
Faenza si trovava sotto la protezione di Venezia che nel frattempo era stata sconfitta dai Turchi nel Peloponneso e cercava aiuto dal pontefice con la bolla da lui promessa per la crociata.
Questi aveva peraltro un buon alibi per il decreto di morte delle signorie romagnole: la non riscossione dei canoni dovuti allo Stato della Chiesa dai signori di Romagna e Marche.
Astorgio III Manfredi, sedicenne, sin da bambino signore di Faenza, vicario della Santa Sede, tentò di tornare in grazia del pontefice inviando a Roma nel gennaio del 1500 il giureconsulto faentino Gabriele Calderoni a pagare il canone annuo di 1009 ducati.
A nulla valse il tentativo: al Calderoni non restò che depositare il danaro nel banco di Stefano Ghinuzzi a Roma, redigere una protesta e ripartire per Faenza. Il papa Alessandro VI non volle confermare Astorgio come vicario né togliergli la scomunica, segni dell’irrevocabile decisione sul destino di Faenza.
Già dal 1499 il Papa Alessandro VI Borgia, volendo creare in Italia un ducato per il figlio Cesare (duca di Valentinois, il Valentino), lo nominò capitano generale della Chiesa e lo inviò, con un esercito di 14 mila uomini, contro i signorotti romagnoli, perennemente in lotta fra loro e che non pagavano i tributi come vicari del papato.
Il Valentino doveva quindi recuperare quelle terre decretando la decadenza delle varie signorie ed instaurarvi il ducato di Romagna, come avvenne. Dopo la presa di Imola, Rimini, Cesena, Forlì, il Valentino mosse alla conquista di Faenza che si rivelò tutt'altro che facile. Infatti l'assedio ai faentini si protrasse con vari assalti dal novembre 1500 all'aprile 1501. La sorprendente resistenza della città romagnola ebbe echi nelle varie corti.
il 25 Aprile 1501 a ore ventuno il Signore Astorre andò a trovare il duca Valentino ch'era alloggiato all'Osservanza (il convento dell'Osservanza, attuale cimitero). I vinti chiesero di aver salva la vita e la libertà per il loro signore e famigliari. Cesare accetto tutte le loro richieste "...Astorgio fratelli e cugini siano salvi e possano andare liberamente ove gli parrà...".
II vincitore si complimentò col vinto per la bellissima difesa e gli offrì di restare con lui. Alcuni storici sostengono, ed è più probabile, che glielo imponesse. Astorgio accettò ed altrettanto fece il fratellastro Giovanni Evangelista. Soddisfatto e sorridente, il Valentino avrebbe allora chiamato il suo luogotenente e bieco alter ego Michelotto Corella, il capitano spagnolo Miguel de Corellas, per accompagnare a Roma i due giovani Manfredi, con la raccomandazione che fossero trattati con ogni riguardo.
I due giovani Manfredi sarebbero stati presenti mentre il Valentino occupava alcune terre bolognesi, in Toscana, e alla presa di Piombino. Da qui infine sarebbero stati condotti a Roma. II 20 Giugno 1501, a meno di due mesi dalla resa di Faenza risultavano già rinchiusi nelle segrete della mole Adriana, Castel S. Angelo. Poco tempo dopo i loro corpi furono ripescati nel Tevere.