Palazzo Manfredi
La famiglia Manfredi di Pieve di Teco proviene da un ramo dei Manfredi giunti qui da Faenza, dove erano stati sconfitti e avevano perso la loro signoria nel 1501 con l'assedio di Faenza da parte di Cesare Borgia, il Valentino figlio di Papa Borgia Alessandro VI .
Proprio in quegli anni, con l’arrivo a Pieve di Teco di Carlo Manfredi, figlio del Vescovo di Faenza Federico Manfredi, si iniziò la costruzione del Palazzo nel 1505.
I Manfredi vi abitarono subito tra il XV e il XVI secolo e vi risiedono ancora oggi.
L'edificio si trova in una posizione importante, centrale rispetto al paese e soprattutto a ridosso di un rio che permetteva il funzionamento di un mulino posto alle spalle dell'edificio.
Si accede attraverso un'antica porta lignea ricoperta da lastre di ferro chiodate sopra la quale troviamo un medaglione in ardesia raffigurante lo stemma della famiglia.
Si compone di un braccio centrale in armatura con il dito indice sollevato (simbolo, così come l'elmo piumato, dei capitani di ventura), affiancato da due leoni rampanti (simbolo della città di Faenza) con un'aquila nera coronata (simbolo del Vescovo Federico Manfredi di Faenza dal 1471 al 1478).
Accanto alla scala di accesso ai piani superiori è presente una postazione di guardia che aveva una piccola porta di accesso laterale con i locali attigui, dell'attuale farmacia. Tutti i locali posti ai piedi dell'edificio furono magazzini, fino al XVIII secolo. Quella che oggi è la farmacia, corrisponde sul retro al cavedio posto al centro della casa attraverso il quale si raccoglieva l'acqua piovana nei locali sopraelevati che ospitavano una grande vasca.
Si percorre un'elegante scala in marmo, che nei primi decenni del '900 ha sostituito la vecchia scala in ardesia e ciottoli di fiume, tipica delle antiche case della zona.
Si leggeva su una lapide la scritta "riattata nell'anno 1628", dopo le vicissitudini legate al “Sacco di Pieve” del 1625 causato dalle invasioni del Ducato di Savoia contro la Repubblica di Genova, di cui Pieve di Teco era l'ultimo baluardo.
Si giunge così al salone centrale, alto quasi sette metri, che ha subito un importante restauro degli affreschi, riuscendo a mantenere intatti gli originali soffitti in canniccio ligneo.
Tutto il piano nobile è rivestito con pavimenti in graniglia genovese di varie decorazioni.
Dalla mole di documenti dell'archivio privato è interessante il ritrovamento di un documento firmato da Giacomo Stuart d'Inghilterra, l'ultimo re cattolico che concesse a Sebastiano Manfredi e ai suoi eredi la protezione perpetua e la Croce dell'Ordine di Sant'Andrea come segno di amicizia per i servizi e l'aiuto resi al sovrano durante il suo soggiorno in Francia.
Un altro importante documento, firmato dal Re Carlo Emanuele III di Savoia nel 1746 promette protezione alla persona di Sebastiano Manfredi e alla sua famiglia e territori. Ciò avvenne grazie all'aiuto ricevuto da parte di Sebastiano Manfredi durante le battaglie per la difesa del Piemonte dall'invasione dell'esercito franco-spagnolo. Nel 1745 il Re liberò la Contea di Nizza.
In una stanza di passaggio si può ammirare una tela di grandi dimensioni denominata Madonna dell'Arco, opera originale del pittore Giulio Benso, nato e morto a Pieve di Teco nel XVII secolo . Il quadro raffigura una Madonna col Bambino, Tobia e l'Arcangelo Raffaele (che darà poi vita alla figura dell'Angelo Custode) seduti sotto un arco sorretto da capitelli, posto in corrispondenza di una crociera di chiesa, con teste di putti danzanti in cima al tiburno.
Committente di questa importante opera fu un illustre esponente della famiglia, Paolo Manfredi, contemporaneo del pittore Benso, che svolse importanti incarichi presso corti straniere nelle vesti di Segretario di Stato della Repubblica di Genova e che probabilmente affidò al suo “Angelo Custode” la sicurezza dei suoi viaggi.
Facendo un salto lungo 2 secoli nel 1956 Gian Carlo Manfredi sposò la Contessa Carla Firmian nel Castello di Mezzocorona TN, così a metà del XX secolo due importanti e storiche famiglie si incontrarono per la prima volta.
La particolarità di queste due famiglie è che sono riuscite a conservare nei secoli le dimore costruite dai loro avi.
Una curiosità che accomuna le due famiglie riguarda l'aspetto sociale e culturale:
Il Conte Carlo Firmian, governatore plenipotenziario della Lombardia dal 1758 al 1782 durante l'Impero di Maria Teresa, promosse la costruzione del Teatro alla Scala di Milano, considerato tra i più prestigiosi teatri del mondo, inaugurato nel 1778.
Circa sessant'anni dopo, nel 1834, Giuseppe Manfredi costruì alle spalle del suo Palazzo in Pieve di Teco un piccolo teatro, tra i più piccoli d'Italia, noto come Teatro Salvini.
Fino agli anni '20 il teatro ebbe un'intensa attività, ospitando opere e spettacoli con una certa regolarità. Dopo, a causa di una vasta crisi economica c’è stato un progressivo declino.
Nel 1996 il teatro è stato acquistato dalla Provincia di Imperia dal Dott. Gian Carlo Manfredi e restaurato con l’aiuto della Fondazione Carige.
Grazie all’attento restauro dei legni originali e delle strutture il Teatro Salvini oggi è esattamente come fu commissionato da Giuseppe Manfredi nel 1834.
Nel 1870, Cristoforo Manfredi, Maggiore dell’Esercito Piemontese a Roma per l’Unità d’Italia, sposa una giovanissima Carlotta Fabj Altini che discendeva da una famiglia di nobili origini di Fabriano (Ancona); sua nonna, di Senigallia (An), era sorella di Giovanni Mastai Ferretti, che salì al Soglio Pontificio con il nome di Pio IX . Cristoforo Manfredi, dopo l’Unità d’Italia del 1861, partecipò attivamente anche con numerose sue pubblicazioni, alla costituzione dell’Archivio Storico Militare Italiano a Roma.
Negli ultimi due secoli hanno dato lustro alla Famiglia alcune personalità militari, ricordati in diverse lapidi poste nell’atrio della scala del palazzo.
Il primo è Giovanni Manfredi, aiutante Maggiore di Fanteria morto nel 1864 in servizio.
Il secondo è Sebastiano Manfredi, Maggiore degli Alpini caduto nella battaglia di Adua 1896 a cui è stata dedicata la Caserma che fu del Battaglione Alpini Pieve di Teco che si distinse valorosamente in entrambe le guerre.
Una terza lapide è alla memoria di Oberto Manfredi, ufficiale della Regia Marina perito nella battaglia navale di Capo Matapan nel 1941.
Altre figure militari della famiglia: